mercoledì 21 settembre 2011

Grembiule e sofferente comprensione


Primi giorni di scuola materna pubblica. I bambini venogono abituati pian piano agli orari, alle abitudini e alle regole. Dopo qualche giorno 'rilassato' per rompere il ghiaccio, si inzia con le regole, e, tra le altre:
il santo grembiule, parificatore sociale, normalizzatore di ogni eventuale spunto di arroganza estetica e consumista.


Certo, il senso estetico non guasta, e nei bambini può essere interpretato come un positivo segnale di personalità e affermazione di sè. La Polpetta (mia figlia) ha sempre mostrato di avere le sue personali preferenze per colori, disegni, forme; insomma, un primo (da me inaspettato in termini di consistenza) abbozzo di senso estetico.
Bhè, la questione è che secondo il suo senso estetico il grembiule 'è vecchioooo !'; non le piace, preferirebbe indossare e mostrare altri vestiti che avrebbe voglia di scegliere ogni mattina in estrema libertà.

Così, però, non può essere,
- per questioni pratiche (ogni volta la vestizione si trasformerebbe in una lotta all'ultimo sangue, e, inoltre, si sa, i bambini giocano, si muovono e si sporcano, quindi meglio vestirli con materiale adatto al movimento ed al lavaggio e stiraggio facile ..),
- per questioni di valori fondamentali (non penso che si debba porre troppa importanza a come si appare, soprattutto a tre anni)
- e perchè a scuola vige la regola del grembiule per tutti.



Insomma, i primi due o tre giorni non ne voleva proprio sapere del grembiule, si disperava e scappava come trovandosi di fronte ad una incredibile imposizione di inusitata violenza da parte di qualcuno di cui si fidava ... roba da farti sentire un incrocio tra Hitler e Pol Pot.
Alla fine, un pò col dialogo, un pò con la forza, lo mette a malincuore. Le spiego che tutti i bambini, seppure diversi tra loro (uno buono, uno cattivo, uno lagnoso, uno simpatico, uno antipatico, uno biondo, uno moro), sono uaguali per molte cose: gli piace andare al parco, gli piace giocare, non gli piacciono le verdure, vogliono bene a mamma e papà, vedono i cartoni, e a scuola devono per legge mettere tutti il grembiule, perchè tutti insieme si divertono e imparano, e perchè non è per come sono vestiti che vengono giudicati bene o male. In ogni caso, è' una legge e va rispettata. La prendo forte per il braccio e le infilo con decisione  il grembiule.

Non so quanto abbia capito del discorso, con i bambini è sempre difficile capirlo, specialmente quando sono arrabbiati o infastiditi; di sicuro ha compreso la decisione dell'atto.

Durante la passeggiata per arrivare a scuola la tengo per mano, ha l'altra mano fredda e mi chiede il perchè; le spiego perchè si fredda e che per scaldarla la può mettere in tasca: lo fa. Arrivati a scuola, però, deve togliere il giacchetto che indossa sopra il grembiule; non potrà più tenere la mano in tasca e contemporaneamente mettere la mano nella tasca della sua bella tuta nuova... ultimo baluardo del suo senso estetico. Mentre la maestra le toglie il giacchetto della tuta e io accenno ad andare via lei si mette a piangere ed io vado via sentendomi un pò in colpa, ma, in fondo, sono piccole cose che deve imparare a gestire.

venerdì 16 settembre 2011

Sgridare ? quanto e come ?


A volte sembra quasi che abbiano bisogno di essere sgridati con forza; hanno bisogno di binari, di recinti, di limiti che ne rendano gestibili le paure, e la strillata, a volte, può confinare molto bene i loro nervosismi.
Così, almeno, è stato il mio fine settimana: sabato nervosa e capricciosa (si creano tante aspettative rispetto al sabato da passare con i genitori che lavorano tutta la settimana...), grandi litigi e sgridate strillate; domenica buona come un angelo, seguiva celermente i nostri 'consigli', e la cosa bella è che ne traeva pace e serenità ...
Insomma, è proprio un mestiere complicato. E un difficile equilibrio da raggiungere per ritrovare la normalità della felicità alternata alla tristezza.

giovedì 15 settembre 2011

Che bello andare dai nonni

"Voi andate al concerto", così ci ha detto, all'improvviso, ma, a pensarci bene, in modo più che prevedibile se si pensa a quanto era bello anche per noi (almeno per me) da piccoli andare dai nonni a stare un pò con loro.
Il sottinteso era: "io vado da quei mattacchioni di nonni a divertirmi, voi genitori stanchi tristi e che mi sgridate spesso ... fate quel che volete !   Comunque state tranquilli, non mi mancherete troppo."

Come faccio a sapere tutto questo ?

Retroscena
Un paio di mesi or sono leggiamo del concerto di Ben Harper; vicino casa, non costa troppo, e lui ci piace proprio tanto dal vivo. Quasi quasi ... E la Polpetta ? dove la lasciamo ? se la lasciamo ai nonni (come, interessati, ci suggeriscono da tempo) potrebbe disperarsi e pensare che siamo due genitori debosciati. E poi, in fondo, la sera ci piace proprio spupazzarci la nostra Polpetta e dedicarle quel tempo che durante la giornata lavorativa non possiamo concederle.
Ma che errore!
E che difetto di sopravvalutazione !
Per la Polpetta non è così fondamentale e di vitale importanza la nostra presenza continua; per lei non siamo esattamente indispensabili in ogni momento, come, invece, in qualche modo siamo spesso portati a pensare noi genitori.
E infatti, dopo lungo lavoro di preparazione: "sai che stasera papà e mamma vanno ad un concerto e te vai dai nonni ?  va bene per te ? però devi fare la brava con i nonni ... bla, bla, bla, bla ...", la vengono a prendere i nonni, lei va tranquilla, noi andiamo tranquilli e "strani"  al concerto (sono tre anni che non ci stacchiamo mai la sera).
Manco a farlo apposta, dopo settimane di afa, quella sera diluvia e tira bufera e il concerto tarda a cominciare, e noi, divertiti dal caso, pensiamo: "ecco, lo sapevo io, punizione divina per aver lasciato la marmocchietta per andarci a divertire da soli ...".
Poi il concerto comincia, anche sotto l'acqua (grandissimo Ben Harper), e ce lo godiamo tutto tutto mentre la Polpetta (poi veniamo a sapere dai nonni) "non ha fatto una piega..."; è stata bene, ha mangiato, si è divertita, ha fatto anche il bagnetto, ha dormito tranquillamente, si è svegliata ed è stata portata a scuola.
Voilà, che ci voleva ?

Anzi, la Polpetta avrebbe tranquillo piacere a ripetere la cosa appena possibile; ecco perchè qualche giorno fà, quando i nonni ci sono venuti a trovare a casa, ad un certo punto ci ha intimato: "voi andate al concerto !".
Evviva.

mercoledì 14 settembre 2011

Padri sciagurati


Il 'collega-padre blogger' Papà 2.0 scrive un adorabile post di estrema attualità (perchè da sempre attuale).
Nel post elenca una serie di errori e mancanze ... tipiche dei padri nei confronti dei figli: mea culpa, mea maxima culpa.

E allora mi ci metto pure io nella categoria di questi padri sciagurati... lo ammetto.

Però, a parziale giustificazione, è anche vero che è un mestiere moooolto complicato.
I bambini hanno necessità continue e cambiano senza sosta, sono al centro del mondo e per amore vorremmo che lo esplorassero tutto, più di noi, e lo comprendessero tutto, meglio di noi.
E così, per amore, noi padri torniamo bambini e il cerchio si chiude nell'innocenza, nella felicità, nella delusione e nella serenità della stanchezza.

lunedì 12 settembre 2011

Primo giorno di scuola materna


La Polpetta, uscendo di casa piena di aspettative, malcelava la paura dell'evento grande e nuovo.
Parlava in punta di piedi, con filo di voce a denti stretti, e muovendosi con inconsueta leggerezza,
quasi pronta a scappar via o a piantarsi infine in un disperato pianto di abbandono.
Con lei era però l'amica del cuore a condividere gioie
e ad affrontar le paure che con coraggio si vincono
durante il primo giorno di scuola.
In bocca al lupo.

PS: speriamo la maestra sia bella tosta, perchè quelle due insieme sono capaci di demolire un palazzo ...

giovedì 8 settembre 2011

Titoli sbagliati

Ogni mattina, mentre la accompagno in auto a scuola o dalle nonne, faccio ascoltare a mia figlia della musica che non sia 'pesciolino dance' o 'baby dance' o 'zecchino d'oro' (ogni tanto anche quelle, ma con moderazione ...).

Per la musica ho una vera passione e cerco di stimolare mia figlia facendole ascoltare musiche disparate, non eccedendo nel rumore, nei ritmi o nella complessità.

Lo faccio anche perchè, effettivamente, mia figlia mi dà soddisfazione; si placa, in silenzio ad ascoltare mentre guarda fuori dal finestrino, e appena è finita la canzone la vuole ascoltare ancora, e ancora, e ancora.

'Mambo Italiano' cantata da Connie Francis, 'VCR' degli XX, 'La gazza ladra' di Rossini, e poi Frank Zappa, Pink Floyd, Lucio Battisti, Franco Battiato, Tinariwen, Bob Marley, musica balcanica, e tanto altro ancora.

Questa mattina, però, qualcosa non le andava a genio.

Le ho fatto ascoltare una canzone che mi girava in testa da quando mi ero svegliato: 'Un gelato al limon' di Paolo Conte. La canticchiavo al bagno mentre finivo di improfumarmi e ho notato subito la reazione interessata di mia figlia ... normale: si parla di gelati, e, inoltre, il ritmo e la cantata sono 'simpatici'.

Le ho fatto ascoltare la canzone originale in auto; quando siamo arrivati e la canzone è finita le ho chiesto se le fosse piaciuta e lei seria e con disappunto: 'ma noooo, volevo un gelato alla fragolaaaa'.
Probabilmente se la canzone si fosse intitolata 'Un gelato alla fragola' sarebbe diventata la sua preferita.

Quanto sono semplici e affascinanti i bambini a tre anni !